Welfare

Imprese, l’etica a doppio taglio

Giochi e numeri che non quadrano.

di Sandro Calvani

Esistono oggi oltre 850 diversi codici etici per le imprese, di autoregolamentazione, di buona condotta, in gran parte derivati dai codici professionali. Non contengono novità rivoluzionarie, ma cercano modi per tradurre ?non rubare? e ?non uccidere? con linguaggi più comprensibili alle menti e alle coscienze dei super-manager. Quattro generazioni di tali codici d?impresa esistono da decenni, sono insegnati in tutte le scuole di amministrazione d?impresa in ogni parte del mondo; chi non li rispetta, non lo fa certo per ignoranza, ma più spesso ha deciso di non rispettare la regola per proprio tornaconto. La prima generazione di codici d?impresa, punta soprattutto a proteggere l?impresa dai propri impiegati, obbligandoli tutti a fare sempre e soprattutto l?interesse dell?impresa. Forse perché è il più antico, questo gruppo di regole è sempre più considerato un po? obsoleto dai moderni manager soprattutto quando essi entrano in politica. Circa venti governi democratici al mondo hanno primi ministri o ministri che sono anche proprietari o manager. Il codice di condotta di governanti chiede loro di fare il bene pubblico. Non pochi sono dunque costretti a non fare più l?interesse della propria impresa e per questo rompono il primo codice di condotta con grave danno alle loro imprese. Il caso opposto, evidentemente più grave, è anche più raro perché gli elettori rimandano di solito tali governanti a occuparsi solo delle loro imprese. Una quinta generazione di codici d?impresa è stata riconosciuta a metà degli anni 90. Impone ai manager di evitare relazioni industriali e commerciali con Paesi i cui governi non rispettano i diritti umani: forse perché è il più recente, questo gruppo di regole viene interpretato in un modo contradditorio. Non poche grandi imprese contribuiscono all?armamento e agli interventi militari, a volte molto sanguinosi, per capovolgere i ?governi canaglia?, in modo da poter poi lecitamente fare affari in quei Paesi.

Le opinioni qui espresse non rappresentano necessariamente l?opinione delle Nazioni Unite


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